venerdì 8 novembre 2013

XI EDIZIONE DEL TRAILER FILMFEST 2013

200 giovani partecipanti, due workshop e molti incontri con i mestieranti del mondo del cinema


A Catania, a fine settembre, si è conclusa l’undicesima edizione del Trailers FilmFest, l’unico festival in Europa che premia i trailer cinematografici, a cura dell’Associazione Culturale Seven. Esiste un premio analogo soltanto negli Stati Uniti, il Golden Trailer Awards.

È stata la mia prima partecipazione e mi ha lasciato un bellissimo ricordo e una preziosa esperienza.
Tra i trenta trailer in gara, ad aggiudicarsi il premio come Miglior Trailer 2013, sono stati:
- per la categoria Italia: “Io e te” di Bernardo Bertolucci, distribuito da Medusa Film  e realizzato da Tbwa Italia;
- per la categoria Europea: “Amour” di Michael Haneke, distribuito da  Teodora Film e realizzato da Gianluca Paoletti;
- per la categoria World: “To the wonder” di Terrence Malick, distribuito da 01 Distribution.
Il pubblico votante d’internet ha invece premiato “Un famiglia perfetta”,  di Paolo Genovese, distribuito da Medusa Film e realizzato da Edoardo Massieri per Filmdesign.
Anche quest’anno il Trailers FilmFest ha organizzato laboratori e incontri con gente del mestiere del cinema, in collaborazione con l’università di Catania, nel Monastero dei Benedettini, gratuiti e aperti a tutti, non soltanto agli studenti.
Dal 25 al 27 settembre si sono svolti i due workshop in programma: “La comunicazione integrata: dal poster ai titoli di testa” e “Picth Poster Game”. Grande affluenza anche per gli incontri della settimana, come con il produttore cinematografico, Massimo Cristaldi; il direttore artistico del Giffoni Experience, Claudio Gubitosi; il responsabile della Mosaincoon, Andrea Staderini; il direttore del Museo del Videogioco di Roma, Marco Accordi Rickards; e lo scrittore e regista, Federico Moccia.
La sera è stata dedicata alle anteprime nazionali in proiezione gratuita al Teatro Metropolitan di Catania. Quattro i film proiettati. La prima sera è stato trasmesso “Universitari”, di Federico Moccia, presente in sala, e nel pomeriggio all’auditorium del monastero dei Benedettini, assieme al cast del film che si è confrontato con i partecipanti del festival.
La seconda serata è stata dedicata a “Salvo”, film definito “un’esperienza sensoriale” al Festival di Cannes, prodotto da Massimo Cristaldi e scritto dai siciliani Fabio Grassadonia e Antonio Piazza.
La terza sera si è riso con la commedia-azione interpretata da Sandra Bullock e Melissa McCarthy, “Corpi da reato”, ad ottobre in uscita nelle sale italiane.
Si è concluso sabato 28, la sera della premiazione, con il sequel del film horror del 2011, “Insidious 2”, presentato in anteprima dalla Warner Bros.
Stefania Bianchi, direttore artistico del Trailers FilmFest, presente ad ogni incontro, ha aperto il festival il 25 settembre, all’auditorium del Monastero dei Benedettini, dando la parola all’assessore della Cultura del Comune di Catania, Orazio Licandro, che si è riferito al Festival come un mezzo che “permette di unire alla didattica, con un contatto diretto, proficuo e interessante, il mondo del lavoro”. Ha proseguito parlando degli artisti e degli operatori che esercitano in questo campo “che ci permettono di vedere dall’interno come funziona il mondo del cinema”. E ammettendo “di provare un po’ d’invidia, perché ai miei tempi un’esperienza del genere era impensabile, neanche se ne parlava”.
Fabio Carlini, esperto dei titoli di testa, ha presentato “La comunicazione integrata: dal poster ai titoli di testa”, uno dei due Workshop gratuiti offerti dal Trailers FilmFest.
Il workshop, a cura di Francesca di Giamberardino, Riccardo Fidenzi, Maurizio Ruben, Fabio Carlini e Lorenzo Moneta, ha messo insieme gruppi di ragazzi con l’intento di realizzare una nuova campagna di comunicazione e promozionale del film drammatico del 2012, di Toni D’Angelo, “L’innocenza di Clara”, (tra i boschi della Lunigiana, una donna ammalia tre uomini, il marito, l’amico del marito e l’amante, con disincanto e naturalezza. Senza rendersene conto, il gioco diventa pericoloso e la leggerezza trascina i protagonisti, di un piccolo paesino lontano dalla modernità, nelle tetre pagine di cronaca nera di cui spesso leggiamo e ci sorprendiamo).
I ragazzi del workshop hanno imparato l’importanza di una buona campagna pubblicitaria e la necessaria coordinazione tra gli elementi promozionali, quali la locandina, i trailer e la stampa. Mettendosi in gioco e lavorando in squadra, hanno realizzato sei locandine, mostrate nella serata conclusiva del Festival.
Sempre nel primo giorno dell’evento, Federico Moccia, e il cast, composto da Primo Reggiani, Sara Cardinaletti, Simone Riccioni, Brice Martinet e Chiara Centorami, del suo ultimo film “Universitari: molto più che amici”, ha incontrato i partecipanti del festival e si è confrontato con le loro domande.
Il film, trasmesso in anteprima nazionale la stessa sera al Metropolitan, è stato accolto da un lungo e caloroso applauso, mentre il pomeriggio i ragazzi dell’università di Catania hanno posto l’attenzione sulla necessità che i film, come anche altri mezzi di racconto, dovrebbero “svegliare le coscienze dei giovani” in questo delicato periodo in cui si trova il nostro Paese. Moccia non ha escluso che il suo prossimo lavoro possa riguardare questo tema e che, magari, avrebbe potuto prendere in riferimento gli stessi giovani di Catania, anche se in genere, in ciò che scrive, cerca sempre di portare il sorriso e di “non vedere sempre tutto nero” come fanno altre pellicole.
Marco Innocenti, art director di Brivido & Sganascia, ha, infine, presentato il secondo workshop “Pitch Poster Game”. I partecipanti divisi nei ruoli di un’agenzia creativa (fotografo, grafica, art director, copywriter) hanno realizzato il manifesto di un film immaginario, con finti attori e registi, inventandosi in tre giorni un titolo e un soggetto di dieci righe. Anche questi lavori, molto creativi e professionali, sono stati presentati al pubblico nella serata conclusiva di sabato, al teatro Metropolitan.
Gli incontri di giorno 26 settembre sono stati due.
Il primo a presentarsi è stato Paolo Penza, product manager della Fox Searchlight 20th Century Fox Italy. Penza ha spiegato le difficoltà e le diversità riscontrate nella distribuzione di un film americano e di uno italiano, i processi che portano all’acquisizione di un film e l’importanza del titolo, di come soltanto quest’ultimo, paradossalmente, possa a volte influenzarne il successo.
Penza ha raccontato i criteri con cui viene lanciato un film che rientra nella categoria Mainstream, ovvero il cosiddetto film commerciale che soltanto in Italia viene snobbato e considerato di qualità mediocre; in contrasto con il lancio di un film di nicchia che, non avendo le stesse aspettative di guadagno dei primi, non trova spazio in ogni cinema del Paese, per cui diviene fondamentale la scelta della sala e il successivo passaparola che la visione, si spera, generi negli spettatori.
Il secondo incontro della giornata è stato presieduto dal produttore cinematografico Massimo Cristaldi, il primo ad aver creduto alla particolare sceneggiatura di “Salvo”, che ha riscosso successo di pubblico al Festival di Cannes e in altri paesi d’Europa, come la difficile Inghilterra, che ignora spesso i lavori italiani. Ci sono voluti cinque anni per realizzare il film scritto e diretto dai due siciliani Fabio Grassadonia e Antonio Piazza. “Salvo” rientra nella cosiddetta categoria dei film d’autore, in Italia riservata quasi esclusivamente a Nanni Moretti.
Cristaldi ha raccontato, difatti, le numerose difficoltà riscontrate nella distribuzione e promozione del film, in quanto in Italia manca il coraggio di sperimentare, non solo da parte dei produttori, ma anche da parte del pubblico che sovente predilige le solite commedie italiane. Alcuni ragazzi presenti in sala, al contrario, si sono lamentati di come nel cinema italiano non ci siano differenziazioni di genere, di come il fantastico, il fantascientifico e il thriller non vengano mai realizzati.
Cristaldi ha dato ragioni a queste opinioni, ma, probabilmente, il modo migliore per aprirsi a nuovi generi e spingere i produttori e i registi a rischiare e a sperimentarsi, risiede in una maggiore richiesta da parte del pubblico verso quest’altre scelte cinematografiche. Con la commedia italiana, come i classici “film panettone”, si va sul sicuro; con essi è facile guadagnare in un periodo di crisi del mondo cinema. Inoltre, a differenza di altri paesi, come ad esempio a Parigi, città lontana dal mare, non abbiamo la cultura di frequentare i cinema anche d’estate, preferiamo altre mete turistiche e di svago, e a buon ragione. Per cui, nel periodo estivo in Italia non escono film, accavallandosi poi nei periodi invernali e primaverili.
“Salvo” racconta la Sicilia in maniera diversa dai soliti cliché. Ha i toni di una favola noir. Una bravissima ed esordiente Sara Serraiocco, interpreta Rita, ragazza non vedente rimasta sola al mondo quando lo spietato Salvo, guardia del corpo di un killer mafioso, uccide il fratello davanti a lei, ma, per la prima volta, risparmia la vita di qualcuno, ovvero la sua. Due personalità che vivono in mondi diversi, ma simili nella solitudine. A poco a poco lei riacquista la vista e lui diventa “buono”. Film un po’ lento, con una sola musica da colonna sonora e con pochissimi dialoghi, basato unicamente sulle sensazioni dei protagonisti. A “Salvo” è stato assegnato il premio Rivelazione 2013 del Trailers FilmFest.
La sera, il premio dell’elefantino simbolo di Catania, assegnato dal pubblico come Miglior Locandina 2013, è stato consegnato a “Educazione Siberiana”, di Gabriele Salvatores, realizzata da Brivido & Sganascia.
Non è mancato l’omaggio a Vincenzo Cerami, scomparso sceneggiatore di moltissimi film di successo, come Il Casotto, Il piccolo diavolo, La vita è bella, Manuale d’amore, Colpire al cuore e tanti altri. La vita di Cerami cambia quando, alla scuola media di Ciampino, incontra Pier Paolo Pasolini, come lui stesso disse: “un giorno, avevo undici anni, giro l’angolo e vado a sbattere contro il destino”.
Venerdì 28 settembre, è stato l’ultimo giorno dei workshop e degli incontri.
Marco Accordi Rickards, giornalista e direttore dell’unico Museo del videogioco a Roma, ha raccontato la storia della sua vita, di quanto l’immaginasse diversa e di come l’abbia sorpreso in meglio, conducendolo a praticare un mestiere lontanissimo dalla laurea in giurisprudenza presa una quindicina di anni fa, ma di quante soddisfazioni gli stia dando in cambio.
Spesso il lavoro che risiede nella creazione di un videogioco viene trascurato, perché la parola “gioco” fa pensare a qualcosa di facile e di meno impegnativo di altre opere artistiche, creative e professionali. Ci sono tuttavia dei videogiochi che sono dei veri capolavori e che raccontano storie che toccano nel profondo i sentimenti delle persone; e altri che non sono dei giochi interattivi, ma che sono necessari nella spiegazione e nell’intrattenimento, ad esempio, i filmati visibili in aereo che mostrano il modo migliore per “salvarsi” in caso d’emergenza. Accordi ha così parlato e mostrato i trailer dei videogiochi più completi e famosi al mondo.
Andrea Staderini è il responsabile della Mosaicoon, tra le venti aziende più innovative del territorio italiano che si occupano del marketing via web.
In anteprima ha mostrato ai presenti tre ipotetiche idee promozionali di un film in fase di realizzazione, testando quale delle tre suscitasse maggiore interesse sui presenti. Staderini ha parlato del Viral Marketing, di come la pubblicità in internet stia prendendo sempre più piede e di quanto minore siano i costi rispetto ad altre promozioni, oltre al fatto che è imprevedibile. Capita che un video pubblicitario venga ignorato per anni e che poi, per un motivo qualsiasi, diventi improvvisamente popolare e di conseguenza il prodotto che promuove ricominci a vendere, magari anche più del periodo in cui fu lanciato.
A parlare del famosissimo Giffoni Exeperience invidiato da tutto il mondo, è stato il suo direttore artistico Claudio Gubitosi, che ha ricevuto il premio Professionalità dal Trailers FilmFest. Gubitosi ha raccontato di come il festival nacque in piccolo, lui aveva diciotto anni e ne era già il direttore artistico. Siamo nel lontano 1971, in un paesino della provincia di Salerno, di poco più di seimila abitanti, dove mancavano B&B e i ristoranti si contavano sulle dita di una mano. Oggi è uno dei paesi più ricchi della Campania e il Giffoni è l’unico festival in controtendenza, che ha investito in un momento di crisi e per questo è stato ripagato, che costa molto meno di altri Festival, dove i giovani sono i protagonisti e gli artisti arrivano da ogni parte del mondo senza essere pagati, soltanto per il piacere di esserci.
È anche il giorno della premiazione dei Pitch Trailer in concorso: trailer di possibili film in cerca di produttori, realizzati con una tecnica fine e alta, con buone fotografie e riprese. I giovani partecipanti erano centinaia, faticosamente ridotti in una cerchia dei venti migliori in gara, da cui la giuria, presieduta da Marina Alessandra Marzotto e composta da  Beppe Attene (responsabile distribuzione Istituto Luce Cinecittà), Carmen Danza (responsabile acquisizioni M2 Pictures), Aldo Ciolfi (direttore marketing Sacher Distribuzione) e Andrea Lazzarin (direttore marketing Medusa Film), ha, con grosse difficoltà, proclamato la vincitrice: Lyda Patitucci con “Mila in Bloodstained Delta”. Patitucci spera che la sua idea diventi un film, o magari un videogioco.
È stato consegnato anche il premio Miglior Campagna Promozionale a Medusa Film e Tbwa Italia per “La grande bellezza”, di Paolo Sorrentino, che rappresenterà l’Italia al Premio Oscar 2014, nella categoria “miglior film in lingua non inglese”.
L’evento ha dato spazio anche ai trailer di “spaghetti western”, il genere più diffuso in Italia negli anni ’60 e ’70. Nota di merito va al professore Alessandro De Filippo, uno dei maggiori promotori dell’ateneo. I circa duecento partecipanti, infine, si sono portati a casa un attestato di partecipazione consegnato sabato 28, nell’ultima delle quattro serate dell’evento, al Teatro Metropolitan, presentate dalla giornalista, attrice e conduttrice televisiva Antonella Salvucci. 

mercoledì 12 settembre 2012

L'umanità...


L'umanità non si merita di essere la razza predominante del pianeta Terra, ma lo è perché alle altre specie non importa e non serve per credersi speciale.



Emozioni...



Cambiare idea così progressivamente e repentinamente sui propri sentimenti e sintomo di pazzia, egoismo, insensibilità, passionalità o disperato desiderio di provarli?


martedì 11 settembre 2012

Mandami il tuo ricordo




Forse sarai un'altra illusione,
ma voglio viverti finché ti crederò amore.


Giorni che ricordi ogni anno...


Avevo dodici anni. La scuola non era ancora iniziata. In quel periodo, trascorrevo i miei pomeriggi sotto casa, a giocare per strada assieme ad altri quattro amici. C’era L. di tre anni più piccola e spesso ci raggiungeva anche la sua sorellina; c’era S. un ragazzino più basso di me che oggi mi aveva superato in altezza di almeno 15 cm; c’era G. che potrei considerare la mammina del gruppo; e, inf
ine, c’era un altro ragazzino di cui non ricordo più il nome, ma perfettamente il viso e la sua voce. Ci divertivamo con poco. Spesso litigavamo e poi ci scrivevamo lunghe lettere per fare pace.
La mia routine prevedeva un telefilm alla tv, prima di scendere in strada dagli altri. Non erano ancora le 15, quando il telefilm venne interrotto per un edizione straordinaria del tg. Mia madre stirava ed io frustata andai da lei a lamentarmi della “sospensione”, poi ritornai in cucina, dove c’era la tv, nella precedente casa dove stavamo ancora in affitto. Mi lasciai cadere sul divano e non provai neppure a seguire il tg per cercare di capire cosa fosse successo: mi sembrava un’edizione straordinaria qualunque. Poi, lo vidi… in diretta… il secondo impatto.
Lì per lì lo guardai come se stessero trasmettendo quello che era successo e già mi rendevo, a poco a poco conto, che non fosse affatto routine. Nel minuto successivo, capii che, invece, fosse ciò che stava succedendo, in quell’esatto istante, e, d’un tratto, sentii il peso drammatico e grave di quel gesto. Alzai il volume per cercare di capirne di più. Mamma finì, intanto, di stirare e mi ritrovò appollaiata sul divano, con le ginocchia piegate e il mento poggiato su di esse, con lo sguardo fisso sulla tv. Si avvicinò anche lei per informarsi dell’accaduto… e non ricordo altro. Ciò che ho provato o ci siamo detti con mamma, è come un vuoto temporale nella mia memoria. Erano le 15 e poi d’improvviso sono le 16 e mezzo ed io sono per strada assieme agli altri miei amici. Ricordo che con loro parlammo dell’accaduto.
Quel pomeriggio non c’era G., ma c’era D., dell’età di L.
D. era tutto serio e con lui ragionammo come dei piccoli adulti, o così ci pensavamo. Provai a convincerli di quanto fosse grave l’accaduto, che presto ci sarebbe potuta essere una terza guerra mondiale (ero molto melodrammatica). D. era d’accordo. Il ragazzo, di cui non ricordo il nome, sostenne che avrebbero dovuto immediatamente gettare una bomba atomica sull’Afghanistan, così da eliminare una volta per tutte ogni nemico attuale o eventuale. Con D. lo contestammo: c’erano degli innocenti lì! Non si poteva uccidere così, senza guardare in faccia nessuno. Il ragazzino disse che loro lo avevano appena fatto; e noi che quel “loro” non riguardava l’intera popolazione afghana, ma forse solo una decina di essi. Poi, ricordo che ci mettemmo a parlare delle “guerre mondiali” vissute dai nostri nonni e di come si sarebbe svolta, in caso, al giorno d’oggi; in che modo e in quale misura ci avrebbe coinvolti?
Si fece sera. Dissi che al tg non raccontavano la verità, non completa, ma soltanto una parte di essa, quella che li faceva più comodo rivelarci (ma non mi riferivo all’attentato di cui ancora sapevamo ben poco, ma in generale ai fatti di cronaca). Stavolta D. non era d’accordo con me. Diceva che dovevamo fidarci, era il tg, erano adulti che raccontavano ciò che si verificava in Italia e nel mondo, ed era ovvio che non s’inventassero nulla. Insistetti e chiesero aiuto alla madre di L. che mi rimproverò di non raccontare frottole.
La parola “attentato” fu esaminata da più vedute, non appena iniziò la scuola, tra i banchi di classe, tra gli alunni e i professori. Entrò così nel mio vocabolario; e sono passati undici anni da allora… Se penso alla mia età, mi sembrano tantissimi; in riferimento a quell’11 settembre a New York, mi sembra, invece, impossibile che siano trascorsi degli anni e non solo qualche mese... 

domenica 5 agosto 2012

E' nel suo oggi



C’è quel figlio con cinquemila euro di paghetta, facilmente il padre gli scaricherà la propria disfatta, dopo una festa dove ci si saluta con il palpeggio, è tutta un’esistenza di lungo e quieto cazzeggio.

Quando è saltato per aria so che ero appena nata, lo commemoro ogni anno, ma sa di sceneggiata, il pianto di quelle vicende tuttora incomprese, relegate ad uno Stato di omissioni e di offese.


E poi scopro te. Sogni proprio come me. Scrivi, scrivi ancora un po’. Ho bisogno di credere che esiste l’eccezione, che sono già al suo fianco…


Ha vinto lei come per tutti i mille pronostici, eppure sa più di copione con scontate e triti attrici.
È morta una ragazza e poi sette vite perdute; la cultura si è fermata, ma non pure i mercati.

Civiltà è avere vestiti firmati e carte di credito, ma il mio gatto aveva le sue fusa per reddito.
Si stanno ammazzando davanti ad uno stadio, no, non certo per un’ideale utopico e illusorio.

E poi arrivi te. Sogni ancora come me. Suona, suona ancora un po’. Ho bisogno di credere, che sarai l’eccezione, che sono già al suo fianco…


La ricerca ormai si occupa dei tanti ricercatori, dispersi per il mondo; fuori casa fanno futuri.  
Il talento viene sempre e subito riconosciuto, solo che non rientra mai nei piani degli affari.

Fra dieci anni vedremo un film in sua memoria, ma non sarà una scusante dire poi che ha fatto la storia. Ad un eroe negato dedicherei pensieri profondi, ma la gente spesso preferisce i luoghi comuni.  


Ma è nel suo oggi che vale arrabbiarsi. È nel suo oggi che voglio ancora urlare. È nel suo oggi che sdegnarsi ancora vale. Perché voglio che tu mi senta nel mio oggi.

Anche se spesso ad indignarsi ancora si viene presi solo per ingenui.
Anche se so che penserai che queste sono solo belle parole.


E poi scopro te. Sogni proprio come me. Balla, balla ancora un po’. Ho bisogno di credere che esiste l’eccezione, che sono già al tuo fianco…


Perché è nel suo oggi che il migliore deve trionfare. È nel suo oggi che il male deve abdicare. È nel suo oggi che dovrebbe essere ascoltato. È nel suo oggi che si sa non verrà mai amato.


E poi guardo te. Sogni sempre come me. Canta, canta ancora un po’… 

Piccola donna



Mani sull’asfalto
per sentire del calore.
Non riesco a riscaldarmi.
Ho troppi occhi addosso.
Il sole batte forte,
ma i suoi raggi mi attraversano.

Non chiudere gli occhi,
piccola donna.
Non chiudere gli occhi,
guarda il cielo
è ancora infinito,
come pure le tue prospettive.

Hai ancora fiato per ricominciare,
mi chiedo solo perché
farlo ancora.

Ho bisogno di un motivo.
Costruisco i miei obiettivi
e temo i traguardi.
Ho bisogno di una meta
da raggiungere
per camminare,
per continuare a camminare.
Se mi fermo morirò.

Non chiudere gli occhi,
piccola donna.
Non chiudere gli occhi,
muovi un passo,
c’è ancora strada,
come pure le tue occasioni.

Abbracciami, ragazzo biondo,
dimmi che sono ancora in tempo.
Fammi piangere d’amore.
Entra in me come se fosse  
per te la prima volta
e se domani andrai via
non rimpiangerò.

Non pregherò.
Vorrei crederti,
ma l’umanità
non si è inventata bene
e immaginarti non basta più.

Non chiudere gli occhi,
piccola donna.
Non chiudere gli occhi,
ama un altro po’,
c’è ancora forza,
come pure i tuoi desideri.

Distesa ad occhi chiusi.
Non riaprirli,
piccola donna,
il sogno ti avrà comunque.